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novembre 2008

Licenziati grazie a Facebook. Grazie!

Seagrass Seguendo la linea di tutti i quotidiani che ogni giorno scrivono qualcosa che abbia a che fare con Facebook, anch'io faccio la stessa cosa. Mi diverte osservare come spesso chi a parole teme il Grande Fratello in realtà gli si getta nelle fauci quotidianamente.

Grazie ai Social Network noi non siamo solo quello che vogliamo (e che scriviamo), ma anche quello che gli altri vogliono o immaginano di noi. Senza scampo.

Voglio sempre ricordare che in generale in Rete è facilissimo pubblicare qualunque cosa, ma è quasi impossibile eliminare ciò che ormai è già stato scritto. Quindi sarebbe meglio tutelare un po' di più la nostra privacy. Ma a questo pare che nessuno pensi.

Un esempio? Il caso del "Seagrass", uno dei locali più chic di Melbourne, dove a novembre cinque giovani hanno mangiato alla grande senza però pagare il conto di 270€.
Non solo il proprietario li ha rintracciati su Facebook e li ha obbligati a sborsare il denaro; ma il proprietario del ristorante nel quale lavoravano due dei ragazzi del gruppo li ha prontamente licenziati.


Adesso mi chiedo se tutti diventeranno "amici". Truffati e truffatori. Del resto è semplice, basta un "click".

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Guai a toccare FaceBook!

BurtNon lo farò più. Non toccherò mai più l'argomento FaceBook. Anzi, come Burt Simpson davanti alla lavagna, scriverò cento volte col gesso: "Facebook non è un mostro".

Il post precedente, Facebook = Fakebook, ha scatenato il putiferio. Mi sono arrivate lunghissime mail da persone che mi hanno tacciato di vecchiume e quant'altro. Ma io che arrivo da un'epoca in cui mi meravigliava chiacchierare virtualmente con gente lontana attraverso l'uso di un accoppiatore acustico collegato a una bbs, come faccio a non amare le meraviglie infinite offerte dalla Rete?

Personalmente non sono affatto contrario al potenziale di uno strumento straordinario come il Social Network, ma sono contario all'utilizzo che ne fanno molti. Sono convinto infatti che chi passa il suo tempo davanti a uno strumento come FaceBook per costruire le sue relazioni sociali non abbia in realtà voglia di confrontarsi.

E proprio la mancanza del confronto rende la vita più piccola. E meno interessante.


Facebook? Fakebook!

FacebookNon ho mai sopportato i social network. Non mi sono mai iscritto a MySpace, né tantomeno a Facebook. Non è snobismo, ma la chiara sensazione che tutta questa gran quantita di contatti non faccia che diminuire e impoverire la vita sociale. Quella su cui puoi contare davvero.

Con Facebook scopri di avere centinaia di amici, gente che hai perso per strada. E se l'hai persa per strada un motivo ci sarà pure, no? E poi scopri che quello è amico di quell'altro, collega di quell'altra e cugino della sorella del tuo vicino di casa. E poi?

Ormai il "come va" è diventata un'inutile domanda di rito alla quale non ha nessun senso dare una risposta. Che risposta dai? Non ci si sente da mesi, da anni, da decenni, e pretendi di raccontare la tua vita e le tue emozioni con una breve risposta testuale? O magari regalando virtualmente un pesce o una pianta? Che tristezza!

Agli amici non chiedi mai "come va". Li chiami, li inviti da qualche parte, e parli delle cose che si hanno in comune. Non è necessario chiedere come stia andando perché sarà la conversazione stessa che porterà a raccontarsi.

Del resto Jackson Brown in The Late Show cantava: "... people only ask you how youre doing
cause thats easier than letting on how little they could care
...", ovvero: "La gente ti chiede come stai semplicemente perché è il modo più facile per farti sapere che non gliene frega niente di te".

Quando ti sei iscritto a un social network scopri di avere centinaia di contatti inutili ai quali hai dovuto dire "sì" solo perché ti sembrava maleducato rifiutare l'invito. Ma, quando avrai bisogno, nessuno di quei cento contatti si farà vivo. Perché nessuno è davvero interessato a te. Chi c'è davvero c'è sempre stato, prima dell'iscrizione al social network di turno. E ci sarà anche dopo.

Ho molti conoscenti iscritti a Facebook. Talmente "amici" che non si fanno mai sentire. Se fossi iscritto, però, mi manderebbero dei gran bei fiori virtuali, cartoline virtuali e saluti virtuali. Tutto per costruire una bella amicizia virtuale.

Ho frequentato Cinzia per più di vent'anni, e poi, per vent'anni, ci siamo persi di vista. Ieri mi ha citofonato. Non ci siamo chiesti "come stai?". Ci siamo abbracciati. Abbracciati davvero.


Obama. Sì, io c'ero.

YeswecanDelle presidenziali americane si è detto tutto, e anche di più. La sola cosa che mi ha lasciato deluso è stato il fatto di non aver potuto votare. Se ne è parlato e discusso da talmente tanto tempo che alla fine avrei voluto mettere anch'io la x sulla scheda, o premere il touchscreen sulla scelta. Avrei votato Obama, naturalmente.

Obama rappresenta tante cose, ma la cosa che rappresenta di più è lo slogan con il quale si è proposto: YES, WE CAN. Cioè, SI', NOI POSSIAMO. E' il sogno americano che si avvera. Un afroamericano (guai a dire "nero") presidente degli Stati Uniti. Vale esattamente come lo sbarco sulla Luna del 1969. Avevo cinque anni. Un piccolo passo per l'uomo ma un grande passo per l'umanità.

Così, parafrasando lo slogan che ha accompagnato Obama per tutto questo tempo, io oggi posso dire: SI', IO C'ERO.